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Tecniche di chirurgia mucogengivale su denti e impianti

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Vittorio Siro Leone Farina

L’American Academy of Periodontology (AAP 2001) ha definito la recessione gengivale come “la migrazione del margine gengivale apicalmente alla giunzione smalto-cemento caratterizzata da perdita di tessuto gengivale, di attacco connettivale e di osso crestale”.
Studi epidemiologici hanno evidenziato come le recessioni gengivali rappresentano lesioni molto diffuse in popolazioni sia ad elevato che a basso standard di igiene orale( Loe e Coll. 1992, Serino e Coll. 1994 , Yoneyama e Coll. 1988, Baelum e Coll. 1996).
Kassab e Cohen (2003) hanno riportato che circa l’ 88% di pazienti statunitensi di età superiore ai 65 anni mostravano almeno una recessione gengivale, mentre popolazioni di età compresa tra i 18 e 64 anni di età manifestavano almeno una recessione nel 50% dei casi.
Sebbene le recessioni gengivali rappresentino uno degli esiti anatomo-patologici della parodontite, altre causalità sono state associate alla loro presenza: fattori anatomici (parodonto di tipo sottile, presenza di frenuli e parafrenuli inseriti in prossimità del margine gengivale, vestibolo poco profondo , posizione buccale dei denti , fattori traumatici ( tecniche di spazzolamento inadeguate, presenza di piercing, trattamenti ortodontici) , fattori comportamentali( fumo, masticazione di foglie di cocaina o di tabacco).
Negli ultimi anni, la richiesta di trattamenti con finalità estetica in medicina si è fatta sempre più pressante.
In parodontologia, il trattamento delle recessioni gengivali ed in special modo quelle presenti sui denti anteriori, è richiesto con sempre maggior frequenza e con esigenti aspettative da parte dei pazienti.
Se negli anni passati (’80-’90) i risultati dei trattamenti delle recessioni erano valutati ottimisticamente sulla base della percentuale di riduzione della recessione ottenuta utilizzando le poche tecniche disponibili, al giorno d’oggi il parodontologo non può più offrire un risultato parziale del trattamento ma spesso è tenuto a raggiungere, utilizzando tecniche sempre più sofisticate e complesse , una completa copertura radicolare associata ad una ottimale integrazione del tessuto ottenuto con i tessuti adiacenti.
La letteratura internazionale ha ampiamente dimostrato che le recessioni gengivali possono essere trattate con successo attraverso l’impiego di differenti tecniche chirurgiche purché siano rispettate le
condizioni biologiche necessarie per ottenere la ricopertura radicolare, ovvero l’integrità del supporto parodontale interdentale( Cairo e Coll. 2008, Chambrone e Lima 2009, Chambrone e Coll. 2012, Graziani e Coll. 2014, Tonetti e Jepsen e Coll. 2014, Azaripour e Farina, 2016).
La scelta della tecnica chirurgica da adottare nel singolo caso clinico dipende dalle caratteristiche anatomiche locali dell’area da trattare , dall’obiettivo o dagli obiettivi (oltre alla ricopertura radicolare (Zucchelli e Coll. 2006) che si prefigge di raggiungere con la chirurgia (per esempio, aumentare il tessuto cheratinizzato buccale e/o lo spessore gengivale).
Le caratteristiche anatomiche riguardano principalmente la quantità/qualità del tessuto cheratinizzato apicale alle esposizioni radicolari, la presenza e profondità delle abrasioni radicolari, la presenza di mal posizioni/prominenze radicolari, la profondità del vestibolo e l’ampiezza e l’altezza delle papille interdentali.
In pazienti con richieste estetiche e recessioni gengivali multiple la tecnica chirurgica dovrebbe rispondere ai seguenti requisiti:
1- Consentire il trattamento delle recessioni gengivali presenti su denti vicini in un solo tempo chirurgico.
2- Essere efficace e prevedibile nell’ottenere una ricopertura radicolare completa in tutte le recessioni trattate.
3- Utilizzare il tessuto gengivale presente nelle vicinanze delle recessioni gengivali per ottenere la ricopertura radicolare.
4- Mantenere o possibilmente incrementare il tessuto cheratinizzato buccale marginale.
5- Non lasciare esiti cicatriziali antiestetici.
6- Garantire una buona mimetizzazione (in termini di colore spessore e tessitura di superficie)dell’area trattata rispetto ai tessuti molli adiacenti.
Essere minimamente invasiva senza recare al paziente eccessivi disturbi post-operatori.
Ampio spazio verrà dato all’utilizzo di innesti non solo di tipo autologo, ma anche di tipo omologo (Farina e Zaffe 2015) e, non ultimo, l’utilizzo di matrici di origine eterologa (suino) (Tonetti e coll 2018).
Pertanto lo scopo di questa relazione è quello di fornire informazioni utili per effettuare un ottimale trattamento delle recessioni gengivali descrivendo in dettaglio le tecniche più usate e mostrandone le indicazioni, i limiti relativi nonché le aspettative prognostiche.